Tutti in ginocchio, davanti allo sciamano Pelù, i circa 800 spettatori che ieri hanno riempito la grande sala della Casa del Popolo di Grassina. Anzi, la “Cattedrale del Popolo”, come l’ha definita l’ex Litfiba, dove si è celebrato un rito pagano tra musica e politica, perché Pelù, da sempre, non si limita a cantare.
Ieri sera era in programma il concerto di Piero Pelù, ospitato alla Casa del Popolo di Grassina a causa dell’incendio che ha distrutto il Viper. Posti esauriti da giorni. Afflusso massiccio ma ordinato. AlI’ingresso coda che scorre fluida, grazie ad uno staff efficiente, sotto lo sguardo discreto dei carabinieri della stazione di Grassina. Nella grande sala, presenza di volontari della Cri Bagno a Ripoli per ogni evenienza: fortunatamente non c’è stato bisogno del loro intervento. Presneti anche Marco Caciagli, direttore del Viper Theatre, e Vanni Materassi, presidente della Cdp.
Pubblico non di primo… Pelù. Fra gli uomini prevale il brizzolato. Le donne, si sa, per il colore dei capeli non fanno testo. Qualcuno compra una maglietta del Diablo, i più si rifrescano con una birra, perché se fuori l’aria è pungente, dentro la sala c’è un caldo quasi estivo.
Una ventina di minuti di attesa, una paio di cori che invocano l’artista sul palco ed ecco che Piero si palesa saltapicchiando e dimenandosi come se i suoi 63 anni fossero solo un dettaglio anagrafico. Rotea le braccia, muove le mani, che per lui sono quasi uno strumento musicale, accompagnando il ritmo della sua band.
Tra una canzone e l’altra lancia proclami: “Disobbedienza civile contro il colonialismo, la gente in piazza in questi giorni è un bel messaggio”; “La Flottilla è un esempio per tutti noi”. Invita sul palco Lu Rashid, che legge una poesia dedicata ai bambini palestinesi uccisi a Gaza. C’è spazio anche per qualche aneddoto locale. Pelù ricorda che anni fa aveva un un casale in zona dove organizzava feste così rumorose da far intervenire i carabiieri.
Nella “cattedrale del rock” il Diablo rende omaggio alla chitarrista nera Sister Rosetta Tharpe, indicandola come la pioniera di questo genere musicale: “Elvis… suca. Chuck Berry… suca”, esclama fedele al suo spirito provocatorio. Lui, dipensatore di adrenalina, canta e parla, parla e canta. Il pubblico risponde, ondeggia, saltella in un dialogo stretto tra palco e platea.
Il gran finale è un’implorazione politica e civile: “Andate a votare, tutti!”. Poi, insieme alla band e al pubblico, Pelù intona Bella Ciao a cappella. Ultimo atto di una serata che più che un concerto è stata una cerimonia collettiva.