


Alle 12 in punto di oggi la Testa di Medusa del Giambologna è tornata proprietà del Comune di Bagno a Ripolia A sottoscrivere l’atto di riconsegna il tenente colonnello Giuseppe Marseglia, comandante del Gruppo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, e il sindaco Francesco Pignotti. Per la Soprintendenza hanno presenziato alla riconsegna la storica dell’arte Francesca Guarducci e l’architetta Rosella Pascucci, responsabili del territorio ripolese.


“L’opera, che si pensava fosse perduta per sempre, adesso potrà essere riportata alla fruizione pubblica come è giusto che sia – ha detto il sindaco -. Stiamo già lavorando con la Soprintendenza per restaurare tutta la Fonte, rendere l’edificio più resistente e sicuro per accogliere la Testa e rimetterla al suo posto, in una delle fontane. Tutto questo non sarebbe possibile senza il supporto di tante altre realtà che hanno dimostrato di avere a cuore questo luogo, come Artigianato e Palazzo ad esempio, che ha dato vita a un crowdfunding, e all’Autorità idrica Toscana che cofinanzierà il restauro. Un grande gioco di squadra che ci permette di affermare con i fatti che il nostro patrimonio culturale è parte integrante della nostra identità, e faremo tutto quanto ci è possibile per valorizzarlo come merita”.

In attesa di poterla ricollocare in una delle nicchie della Fonte della Fata Morgana, sulla collina di Fattucchia, sopra Grassina, la scultura sarà probabilmente ospitata al Museo del Bargello, in modo che il pubblico possa già da subito poterla ammirare.
La Testa di Medusa era stata sequestrata presso un’importante casa d’aste fiorentina. Le indagini condotte dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Firenze hanno permesso di accertare la sua illecita rimozione dalla collocazione originale al Ninfeo della Fata Morgana, un tempo facente parte del complesso di Villa Il Riposo.

L’importanza artistica dell’opera è stata evidenziata nella relazione redatta dai funzionari storici dell’arte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Provincie di Prato e Pistoia, dalla quale si evince “la straordinaria rilevanza e rarità, l’altissimo livello qualitativo e lo stretto legame con il territorio d’appartenenza” essendo la Fonte della Fata Morgana (chiamata anche Casina delle Fate) uno dei luoghi più amati dalla comunità locale.

Le testimonianze della presenza dell’opera nel Ninfeo vengono rilevate in un documento datato 1868 mentre, in un articolo redatto nel 1961 da due storici, viene data attestazione della sua asportazione insieme ad altri elementi lapidei. La scultura costituisce l’unico elemento superstite di un apparato decorativo di grande raffinatezza del complesso del Ninfeo, concepito e progettato dal Giambologna come opera inamovibile e pertinente ad una delle vasche presenti.

Realizzata in marmo bianco, presenta nella parte inferiore tre fori perfettamente corrispondenti e compatibili con i tubi presenti nella parete della vasca del Ninfeo, in cui era collocata originariamente. L’opera è classificabile come bene culturale, assoggettata pertanto alle norme di
tutela previste dal “codice dei beni culturali e del paesaggio” e, come tale, non poteva essere
rimossa senza la preventiva autorizzazione della Soprintendenza competente dalla sua
collocazione originaria.

Le motivazioni addotte dal Nucleo TPC di Firenze sono state considerate solide anche dalla Corte di Cassazione presso la Procura Generale, relativamente alle opposizioni, tendenti a riottenere il bene, presentate dal mandante a vendere, comunque ritenuto estraneo ai reati per i quali si è proceduto, in quanto detentore in buona fede.
Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Firenze ne ha disposto la confisca e la restituzione all’avente diritto, ovvero il Comune di Bagno a Ripoli.