
Articolo di Massimo Casprini
Alle 9,30 del mattino del 4 agosto 1944 arrivarono all’Antella le prime truppe britanniche. Il 6 novembre arrivarono i carri armati. Uno di questi tank era guidato dal carrista John Meir che si fermò in piazza a lato del monumento a Ubaldino Peruzzi.
La ricostruzione di quei fatti mi è stata raccontata da Kate e Dan, rispettivamente la figlia e il nipote di John, che sono arrivati ad Antella, inaspettatamente, il 9 maggio scorso alla ricerca dei luoghi dove aveva vissuto il loro babbo/nonno.

Tutto è cominciato in Scozia quando Kate e Dan hanno ritrovato, per caso, il diario di guerra di John del quale ignoravano l’esistenza. Quindi, hanno deciso di ripercorrere l’itinerario, descritto dettagliatamente, percorso durante la Seconda Guerra Mondiale da John partendo da Napoli e risalendo l’Italia per cacciare a Nord i tedeschi (compresa la partecipazione alla battaglia di Montecassino).
Giunte a Firenze nel novembre 1944, le truppe inglesi trovarono una situazione stabilizzata con la città già liberata, per cui venne concesso alle truppe un meritato riposo. John aveva alle spalle anche due anni di guerra in Nord Africa.
Il carrista si ferma all’Antella per quattro mesi e nel suo diario descrive con precisione come passa le giornate. Molto spesso va al cinema e a ballare alla Casa del Popolo, dove svolge anche servizio al bar. Si reca a Firenze all’Odeon, all’Excelsior, al teatro a vedere l’opera, al Robertson Club. All’Antella è ospite in una fattoria sulle colline, prende il tè alle cinque del pomeriggio con la famiglia di un certo Bruno’s.

In questi giorni, ho ospitato Daniel e la madre in casa mia ed abbiamo scoperto che il diario di
John è simile al diario di guerra di mio padre – anche nel formato e nella copertina in pelle – e sembra scritto dalla stessa mano, anche se uno è in inglese. Confrontando le notizie riportate nei due preziosi cimeli, abbiamo avuto conferma che, sia le date che gli eventi, corrispondono esattamente.
È stata una situazione emozionante che ci ha coinvolti per alcuni giorni. Ci siamo scambiati foto e documenti con il preciso intento di sviluppare e approfondire la ricerca su questo fatto che gli antellesi hanno vissuto alla fine della guerra: un soldato inglese che si era “innamorato della gentilezza degli italiani” – come ha precisato sua figlia. Questa è solo la “prima puntata” di una storia che si preannuncia avvincente.