
Sono stati 183 i ricoveri per intossicazione dal alcol al pronto soccorso dell’ospedale S. Maria Annunziata da gennaio ad agosto di quest’anno. 35 hanno riguardato minorenni tra i 14 e i 18 anni (con un caso di età minima di 13 anni). I dati sono stati forniti dalla dottoressa Germana Ruggiano, direttrice del Pronto soccorso dell’Annunziata, nel corso dell’incontro pubblico “Alcol e salute”, che si è tenuto all’auditorium dell’ospedale venerdì scorso.
Questa la sintesi del suo intevento: “Il confronto con altri stati europei evidenzia un minor consumo di alcol nei giovani in Italia, ma è un progressivo aumento. Il binge drinking (assunzione smodata di alcol in poco tempo ndr) è in crescita soprattutto nelle ragazze. L’etilismo acuto può mettere in pericolo la vita oltre a dare conseguenze nel tempo. Occorre mettere in atto tutte le strategie per identificare le situazioni a rischio”.
Dottoressa Ruggiano, il problema dell’abuso di alcol nei minori emerge anche dagli accessi al Pronto soccorso dell’Annunziata?
“I nostri dati non sono altissimi, non siamo ai livelli di Santa Maria Nuova dove influiscono il turismo e la concentrazione di locali. Tuttavia, quello che deve far riflettere è che i casi sono in aumento costante nel corso degli anni. L’incremento si concentra soprattutto nei fine settimana, il venerdì e il sabato sera”.
Si tratta di minorenni del territorio o anche di ragazzi provenienti da fuori zona?
“Per la maggior parte sono ragazzi del posto, quindi locali”.
Ci sono differenze tra maschi e femmine?
“Più o meno in ugual misura. Non c’è una prevalenza netta di genere”.
In quali circostanze arrivano al pronto soccorso? Per crisi etilica o per altri motivi?
“Dipende. Spesso arrivano perché hanno avuto un incidente e, su richiesta delle forze dell’ordine, vengono sottoposti ad analisi. Altre volte siamo noi, durante la visita, a notare l’alito alcolico e quindi procediamo al controllo. In certi casi, invece, sono i genitori o gli amici a portarli direttamente, perché si accorgono che il ragazzo sta male”.

Hanno consapevolezza di aver esagerato?
“Non sempre. Ci sono ragazzi che arrivano in coma etilico e quindi non si rendono conto di nulla. In altri casi sono in stato di forte alterazione, magari vomitano ripetutamente, e allora capiscono che hanno esagerato”.
E i genitori, come reagiscono?
“Le reazioni sono molto diverse. A volte quasi di complicità, altre di eccessiva severità. Penso che la strada giusta sia un equilibrio: far capire la gravità della situazione senza però essere punitivi. Non si tratta di una bravata: è un comportamento che può avere conseguenze molto serie, sia immediate che a lungo termine. Una persona che arriva in coma mette a rischio la propria vita in molti modi”.
Sono capitati casi di coma etilico?
“Sì, ne sono arrivati diversi”.
Come si spiega l’aumento del consumo di alcol tra i minori?
“Bisognerebbe chiederlo a uno psicologo, perché le cause sono tante. Io vedo solo la parte finale, cioè l’arrivo in pronto soccorso. Ma credo che il consumo di alcol sia una delle manifestazioni di un disagio sociale molto forte. Servirebbe un intervento congiunto di famiglia, scuola e istituzioni. Anche una comunicazione più chiara sui rischi legati all’alcol sarebbe importante: tempo fa c’erano campagne ministeriali sul fumo e sull’alcol, ma oggi se ne parla meno”.
C’è una quantità “sicura” di alcol da non superare?
“La tolleranza all’alcol è molto individuale. Cambia se a bere è un ragazzo di 80 chili o una ragazza di 50. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, per un adulto normopeso si considera ‘normale’ un massimo di due calici di vino al giorno per un uomo e uno per una donna. Ma questo vale per gli adulti, non per i ragazzi. Nei giovani qualsiasi eccesso può essere rischioso. Va ricordato inoltre che l’alcol è un carcinogeno, quindi in realtà non andrebbe assunto affatto”.
Ci sono stati casi mortali per abuso di alcol all’Annunziata nell’ultimo anno?
“Non tra i ragazzi. C’è stato però un caso di morte per etilismo acuto di un trentenne”.

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