
Ha suscitato grande interesse l’incontro con il giornalista Jacopo Storni che, giovedì scorso, ha presentato il suo ultimo libro “Fratelli, viaggio al termine dell’Africa”, alla Carrozza 10 dell’Antella. A dialogare con l’autore ed il pubblico, Francesca Tofanari, curatrice della rassegna “Treni di carta”.
Il libro è un cocktail fra reportage giornalistico, testimonianza di una drammatica avventura, riflessioni.
Giunto in Etiopia per testimoniare i massacri dell’esercito nella regione dell’Ogaden, Jacopo Storni viene arrestato senz’accuse dai militari. Una prigionia condivisa con Mohamed, il ragazzo etiope di etnia somala che l’aveva accompagnato come interprete.
Sono giorni tra la vita e la morte. I due coetanei, uno nato in Africa e l’altro nel benessere occidentale, esorcizzano la paura parlando dei loro mondi agli antipodi. Ne nascono riflessioni sul senso della vita, in un confronto perpetuo tra Africa e Occidente. Poi la liberazione.
Ma dieci anni dopo, per caso, Storni scopre la verità: Mohamed non è mai stato liberato. Attanagliato dai sensi di colpa e spinto dal desiderio di riabbracciare il suo compagno di cella, inizia una disperata ricerca.
“Nei lunghi colloqui con Mohamed durante la prigionia – ha raccontato Storni – ho preso coscienza di molte cose. Io ero uno studente che marinava la scuola, ma all’altro capo del mondo c’era chi non poteva farlo semplicemente perché la scuola non esisteva. Il malessere degli ultimi, però, non è solo in Africa – ha aggiunto – è intorno a noi, basta avere sensibilità e non girarsi dall’altra parte”.
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